Un gruppo di ciechi venne a sapere che uno strano animale, chiamato elefante, era stato portato in città, ma nessuno di loro era a conoscenza di come fosse fatto. Per curiosità, si dissero: “Dobbiamo ispezionarlo e conoscerlo al tocco, nel modo in cui siamo capaci”. Così lo cercarono e, quando lo trovarono, cercarono di provare a capire cosa fosse. Un primo cieco, toccando la proboscide, affermò: “Questo essere è come un grosso serpente”. Un altro, raggiungendo l’orecchio, sentenziò piuttosto che gli sembrava un ventaglio. Il terzo cieco, toccando la zampa, pensò che l’elefante fosse come un tronco d’albero. Il cieco che mise la mano su un fianco dell’animale disse che l’elefante era come un muro. Un altro, che stava toccando la coda, la descrisse come una corda. L’ultimo palpò la sua zanna, sostenendo che l’elefante era duro e liscio come una lancia.
La parabola implica che l’esperienza soggettiva di qualcuno possa essere vera, ma quell’esperienza è intrinsecamente limitata dal fatto che non spiega altre verità o una totalità di verità.