Un orso bianco era stato esibito per anni in un piccolo zoo viaggiante, sempre racchiuso in una piccola gabbia. Poi era stato acquistato da un grande giardino zoologico a Monaco e liberato in un ampio spazio dove avrebbe potuto muoversi e nuotare liberamente. Almeno questo è quello che avrebbe dovuto fare qualsiasi animale in uno spazio aperto… Invece il nostro orso bianco, dopo essersi scelto una sua area, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, non fece che fare sei passi in una direzione e sette nell’opposta, solo sostando ogni tanto per dormire. La fissazione era così forte, le sbarre così reali nella sua testa che, se il cibo gli veniva deposto fuori da quella terribile immaginaria prigione, non andava a cibarsi. Praticamente ‘non poteva’. Questo episodio venne riportato dall’etologo P. Eipper nel 1928. Ma non è il solo. Si descrive anche la vicenda di un elefante indiano che visse a lungo in un ampio recinto dello zoo di Vincennes continuando a ondeggiare da un piede all’altro e a stendersi in avanti, come fosse trattenuto da una catena. Una catena che un tempo c’era stata perché l’animale apparteneva a un piccolo circo ma che da molto tempo gli era stata tolta.
La forza dell’abitudine e la mente, anche in un animale, possono fare davvero brutti scherzi e far vedere quello che non c’è… E nell’uomo?