Una visita imperdibile quella al tesoro della Cattedrale di S. Lorenzo a Genova. Ivi si nascondono forse le soluzioni a molti misteri del nostro passato, giunte fino a oggi protette, percorrendo vie parallele ad altre ricerche più clamorose, ma forse fuorvianti.
C’è un oggetto molto particolare in quel luogo e, per tradizione, è ritenuto il Santo Graal, ovvero l’oggetto usato da Cristo con i discepoli durante l’ultima cena. Ma non si tratta di un calice, come da sempre tramandano gli studiosi, bensì di un piatto, meglio detto anche “catino”.
Il Cristo avrebbe usato il catino per consumare l’agnello pasquale insieme ai suoi. Se da una parte questa possibilità può sorprendere – abbiamo sempre immaginato un bicchiere, un calice, come ci racconta in modo avventuroso e indimenticabile anche il film “Indiana Jones e l’Ultima Crociata” -, dall’altra questo potrebbe spiegare perché sia diventato così leggendario e impossibile da trovare. Ciò che non si trova, o non esiste, oppure è sotto i nostri occhi ma non sappiamo “vederlo”. L’intrigante ipotesi – attestata anche dall’antichità del manufatto che parrebbe risalire proprio al I d.C. (ma il condizionale è d’obbligo) – conduce su altri sentieri che ci fanno pensare che qualcuno sa e sa da sempre. Il catino ha una lunga storia. Considerato per secoli di smeraldo, è stato realizzato in realtà colando del vetro colorato in verde in uno stampo di forma esagonale. Venne plasmato nell’antica Siria, più credibilmente intorno al I secolo d.C. e, secondo la maggior parte delle fonti, sarebbe stato portato a Genova da Guglielmo Embriaco in seguito alla conquista di Cesarea nel 1101, ovvero nel periodo della prima Crociata. Nel passato la preziosa reliquia era mostrata in Cattedrale soltanto il primo giorno di Quaresima.
Agli inizi del XIX secolo Napoleone lo fece portare a Parigi, dove venne esaminato scoprendone così la natura vitrea, e probabilmente durante il viaggio di ritorno, nella tratta tra Parigi e Torino, andò rotto.
Il museo mostra inoltre un pregevole percorso sul culto di San Giovanni Battista, dove si può anche ammirare il prezioso piatto dove sarebbe stata posta la sua testa, dopo la decollazione.
Un grazie particolare va alla dott.ssa Ilaria Brigati, che ci ha accompagnati con professionalità e passione.